A chiarirlo è uno studio internazionale di fase III POLO, presentato al congresso Asco in corso a Chicago e pubblicato sul New England Journal of Medicine.
Una nuova speranza per pazienti con cancro al pancreas e portatori di una mutazione dei geni Brca1 e Brca2, “geni Jolie” dal nome dell’attrice americana Angelina Jolie, noti per essere coinvolti nel cancro al seno e all’ovaio. Un farmaco inibitore di parp, olaparib, ne migliora la sopravvivenza libera da progressione di malattia. Lo mostra uno studio internazionale di fase III POLO, presentato ieri in seduta plenaria al congresso Asco in corso a Chicago e contemporaneamente pubblicato sul New England Journal of Medicine. Lo studio ha visto coinvolti anche 14 centri italiani, in particolare il Gemelli di Roma, l’Ospedale San Raffaele Irccs di Milano e l’Azienda Ospedaliera Integrata di Verona.
«Il miglioramento è clinicamente rilevante e statisticamente significativo. La riduzione del rischio di progressione di malattia è del 47%. Potrebbe sembrare un dato non entusiasmante, ma per il pancreas fa la differenza» commenta un coautore della ricerca Giampaolo Tortora, Ordinario di Oncologia Medica all’Università Cattolica di Roma dove è approdato da Verona dove era ordinario di Oncologia Medica e Direttore della Oncologia dell’Azienda Ospedaliera Integrata. «Si vede una sopravvivenza media libera da progressione di malattia di 7,4 mesi nei pazienti trattati rispetto a 3,8 mesi del gruppo di controllo. Ad un anno la malattia si è ’fermata’ nel 15% dei pazienti trattati con placebo contro il 34% di quelli curati col farmaco; e il vantaggio si mantiene nel tempo: ad 1,5 anni le percentuali sono rispettivamente nel 10% e nel 30% e a due anni nel 10% nel 22%». Non ci sono invece dati relativi agli effetti del trattamento sulla sopravvivenza globale.
Nello studio sono stati reclutati pazienti con una mutazione di Brca 1 e Brca 2, proteina per la riparazione del Dna. Questa mutazione presente nel 7% dei casi di tumore al pancreas. Dopo un trattamento a base di platino di almeno 16 settimane, coloro che non avevano avuto una progressione di malattia, sono stati randomizzati e a 90 è stato somministrato olaparib e 62 il placebo. Il nuovo farmaco biologico olaparib è un inibitore di parp, enzima implicato nella riparazione del Dna. «Il razionale dello studio segue una concetto rivoluzionario e apparentemente paradossale – spiega Tortora – che è quello di usare proprio quel difetto della cellula che l’ha resa suscettibile di sviluppare tumore. Somministrando al paziente prima un farmaco citotossico, come quelli a base di platino, e poi l’inibitore di parp si potenzia l’incapacità riparativa della cellula, inducendone la morte».
L’approccio alla malattia sta cambiando: «Per la prima volta nel pancreas, come già accade in altri casi come seno, polmone, colon e melanoma, si assegna un trattamento sulla base di alterazione genetica-molecolare: è l’inizio di una serie» spiega Tortora «anche perché qui sono molti altri possibili target, geni che intervengono nella riparazione del Dna». I pazienti che in Italia potrebbero beneficiare di questo farmaco sono qualche centinaia. Il tumore del pancreas raggiunge 13mila nuovi casi l’anno ed è spesso spesso diagnosticato in fase già avanzata, tanto che i pazienti operabili non sono oltre il 10%. Il farmaco non è ancora approvato per questi pazienti ma, dice Tortora, «noi confidiamo nel fatto che, nel frattempo, dopo la pubblicazione di questi dati possa essere programmato l’uso compassionevole».