Probabilmente nelle prossime settimane sarà riaperto il Tavolo per il rinnovo della Convenzione tra Regioni e Farmacie. Un evento atteso da ben 26 anni ma per il quale il presidente di Assofarm Luca Pieri, ha espresso più di qualche perplessità rispetto all’accoglimento delle richieste avanzate dalle associazioni di categoria.
“È dal lontanissimo 1998 che operiamo in regime di prorogatio, mentre nel frattempo abbiamo assistito ad almeno cinque o sei rinnovi per i medici di medicina generale – dichiara il presidente Pieri.
Una disparità di risultati che ben rende l’idea della considerazione di cui abbiamo goduto in passato.
Nel corso di questi lunghi anni, è accaduto più volte che qualcosa si sia mosso. Si è trattato quasi sempre di dichiarazioni d’intenti cui sono seguiti avvii negoziali caratterizzati da crescenti indecisioni e attendismo, fino a quando tutto si spegneva nel nulla.
Solo nel 2017- continua Pieri– si è arrivati ad un formale Atto di Indirizzo delle Regioni, ma le nostre successive richieste di integrazione hanno poi prodotto lo stop del Ministero di Economia e Finanza.
Il Covid-19 ha poi bloccato tutto per due anni. Un periodo tragico che ha cambiato il mondo, e soprattutto ha imposto a tutte le istituzioni un profondo ripensamento strategico della Sanità territoriale italiana.
Riforme che oggi, certo non sempre con linearità e solidità, sono già avviate e in parte stanno coinvolgendo le farmacie stesse. Coinvolgimento che riguarda anche dimensioni impensabili nell’era pre-pandemica, primi fra tutti servizi e vaccinazioni.
Alla luce di ciò, se davvero nei prossimi tempi risiederemo al Tavolo della Convenzione, sarebbe impossibile riprendere le trattative da dove erano state lasciate nel 2019. Dovremo invece aggiornare il tutto alla luce di nuovi obiettivi e nuovi contesti socio-sanitari.
Si dovrà poi ripercorrere gli iter istituzionali di verifica finanziaria del Ministero dell’Economia.
A tal proposito, il più generale contesto delle finanze pubbliche ci fa paventare qualche previsione sulle dimensioni economiche delle future trattative.
Con un debito pubblico che in interessi passivi costa quanto gli investimenti in istruzione, rischiamo di trovarci di fronte ad una proposta di rinnovo della Convenzione “ad invarianza di spesa”, frase purtroppo quasi sempre presente nelle bozze istituzionali che regolano i rapporti tra SSN e farmacie.
Se così accadrà, pur comprendendo i timori e la prudenza delle nostre controparti istituzionali, i margini reali di manovra diventerebbero molto stretti.
Non condividiamo l’idea che il cambiamento possa avvenire con un semplice rimescolio delle carte che abbiamo in mano. Efficientamento non è sinonimo di investimento. E non sempre il primo può produrre saldi positivi in grado di sostituire il secondo.
L’innovazione richiede molto spesso investimento. Lo sanno bene le farmacie, che in questi anni hanno sempre mantenuto alti livelli di investimenti privati. Se oggi siamo il servizio sanitario più apprezzato dai cittadini, lo dobbiamo certo anche a norme che valorizzano un rapporto di qualità con il territorio (prima fra tutte il mantenimento della pianta organica), ma soprattutto dipende in maggior misura da quanto farmacie private e pubbliche hanno investito in termini di formazione, strumentazioni, ammodernamento dei sistemi distributivi.
Se però vogliamo davvero realizzare un cambio epocale di passo, sono le istituzioni a dover fare di più.
Scommettere sul futuro (e qui il parallelismo con l’istruzione è calzante) significa avere il coraggio di correre qualche rischio. Ma quando tutto ciò riguarda la qualità della vita delle persone, questi rischi possono essere inevitabili e forse doverosi.
La probabile riapertura del Tavolo negoziale sulla Convenzione è certamente un fatto positivo, che attesta ancora una volta la sensibilità di Governo e Regioni verso una tensione riformatrice della Sanità pubblica.
Speriamo – Conclude Luca Pieri – però che questa volontà sia accompagnata da scelte coraggiose e reale fiducia nelle farmacie”.