Vaccini antinfluenzali esauriti in mezza Italia


14/01/2019

Boom di richieste rispetto allo scorso anno. Le regioni finiscono nel mirino: hanno sottostimato la domanda

Le scorte, negli studi dei medici di base come negli ambulatori delle Asl, sono agli sgoccioli. Lo stesso è quanto si registra da giorni nelle farmacie di diverse città. Per i dati ufficiali occorrerà attendere la fine di marzo, ma a determinare la penuria di dosi di vaccino antinfluenzale c’è sicuramente una maggiore domanda da parte degli italiani. A richiederlo sono stati coloro a cui è offerto gratuitamente, ma pure gli adulti in salute che hanno scelto di «ricorrere all’arma più efficace per proteggersi dall’influenza», per dirla con Claudio Cricelli, presidente della Società italiana di medicina generale (Simg). «Non è tanto un problema che le dosi scarseggino adesso, quanto che siano mancate in alcune aree del Paese a metà novembre: nel pieno della campagna vaccinale, che ormai possiamo definire conclusa». Quanto questa diffusione «a singhiozzo» possa avere conseguenze sulla salute degli italiani, sarà più chiaro all’inizio del 2019: nei giorni in cui si toccherà il picco dell’epidemia.

L’inversione di tendenza

Oggi richiedere la profilassi è pressoché un miraggio (sicuramente) per la maggior parte degli abitanti della Sardegna, della Campania e dell’Emilia Romagna. Negli ultimi giorni, queste regioni non hanno fatto mistero della penuria di vaccini sul proprio territorio. Leggermente migliore risulta la situazione in Piemonte, Liguria, Trentino Alto Adige e Lombardia: anche se pure nelle rispettive province non è semplice correre ai ripari, adesso che il termometro inizia a far registrare un brusco calo delle temperature. Sembrano reggere l’urto della richiesta, invece, le regioni del Centro e del Sud. La vaccinazione antinfluenzale è una misura di profilassi raccomandata da tempo, soprattutto per alcune fasce della popolazione. Negli anni passati, però, si è fatta molta fatica a far arrivare questo messaggio ai target di riferimento. Le conseguenze della malattia sono state a lungo «snobbate». Poi è stata la volta del «caso-Fluad» - scoppiato nel 2014 dopo il decesso di tre anziani in seguito alla profilassi e al ritiro da parte dell’Aifa di due lotti di vaccino, prima che le indagini «scagionassero» i vaccini - che ha alimentato lo scetticismo nei confronti delle vaccinazioni e fatto calare in maniera decisa il tasso specifico di copertura. Evidentemente l’epidemia dello scorso anno, con otto milioni di persone costrette a letto dal virus, è servita a invertire la rotta e a «riavvicinare» gli italiani a uno strumento di salute che tutela innanzitutto gli anziani (i più esposti alle complicanze dell’influenza) e i bambini (numericamente, i più colpiti dal virus). Da qui il problema registrato nelle ultime settimane: è cresciuta la domanda, mentre lo stesso trend non si è verificato per l’offerta.

Le ragioni della carenza

Se il vaccino antinfluenzale oggi è quasi introvabile, lo si deve a una produzione tarata sulle richieste registrate nel 2017. Questo scenario ha fatto finire nel mirino le aziende che producono l’antidoto: Sanofi-Pasteur, GlaxoSmithKline e Seqirus. Ma in realtà sono state le Regioni - che nella maggior parte dei casi programmano l’acquisto delle dosi a cadenza biennale, motivo per cui faticano ad adeguarsi a inattesi cambi di rotta - a sottostimare la domanda da parte degli italiani. Le multinazionali si sono soltanto comportate di conseguenza: fornendo scorte adeguate alla richiesta, salvo poi essere pressate per rimediare in corsa. Un’operazione che, però, risulta sempre difficile, per due ragioni: servono almeno tre settimane per produrre nuove dosi di vaccini e non è facile favorire una «compensazione» da parte di altri Paesi, dove i vaccini sono accompagnati da indicazioni in altra lingua. A ogni modo, le prime informazioni che giungono da pediatri, ginecologi e dipartimenti di prevenzione delle Asl lasciano intendere che la maggior parte della popolazione da proteggere oggi risulta vaccinata.

Ma a questo punto il problema è un altro: l’incapacità di far fronte a una misura di prevenzione primaria prima caldeggiata e poi difficile da garantire in maniera diffusa. «Il rischio di non fare una bella figura esiste - ragionava in serata uno dei massimi esperti italiani di sanità pubblica -. Se si intende incentivare la profilassi antinfluenzale, occorre farsi trovare pronti di fronte a un aumento della richiesta». Un «post-it» da tenere bene a mente in vista del prossimo anno.

FONTE: LA STAMPA

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